Il Talento è mobile | Talent’s Hits #6

Il vero talento si riconosce dalla sua natura: la staticità non gli appartiene piuttosto, si sposta e cresce progressivamente. Per farlo utilizza due tipologie di mezzi.

Il primo veicolo sono le esperienze e le sfide in ruoli diversi, che accrescono il valore professionale secondo un principio di arricchimento progressivo e “latitudinale” del proprio CV, ben diverso dal classico ma non più disponibile “ascensore verticale”. Qui potremmo dire che in un mondo e in aziende sempre più flat, bisogna imparare la bellezza ed il piacere della navigazione orizzontale e in mari in cui occorre andare di bolina.

L’altra via è quella della mobilità e delle esperienze internazionali. Solo così si costruiscono le caratteristiche e le doti di un leader globale. Le aziende ed i talenti migliori hanno capito che per essere non solo presenti, ma anche leader nei mercati globali, occorrono anche manager e capi altrettanto globali, che si muovono, vanno a fare esperienze in altri paesi, entrano in contatto con altre realtà e capiscono che ci sono altri modi di intendere la vita ed il prodotto.
La capacità dei leader di essere internazionali e globali diventa quindi un vero e proprio asset strategico.

In teoria, le aziende italiane in questo dovrebbero essere avvantaggiate da una maggiore apertura verso altre culture. In USA, ad esempio, le organizzazioni fanno proprio fatica a vedere il mondo ed il mercato con occhi non americani. Ma la survey GSO, di cui vi abbiamo parlato anche nei precedenti post, evidenzia che anche l’Italia non è priva di problemi: accanto a giovani generazioni molto più disponibili di un tempo ad andare all’estero, anche per fame di un lavoro che in casa non c’è più, la generazione dei quarantenni è spesso frenata da una carriera domestica e da una famiglia già avviata. Da qui l’importanza di giocare d’anticipo, puntando sui giovani e sull’esposizione precoce ai contesti internazionali. Perché a 40 anni è tardi e non si ha più la stessa voglia e disponibilità.