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L’alfabeto del management / P – Project Management

Cosa

Con l’espressione  Project Management (Gestione di Progetto) si intende l’applicazione di conoscenze, attitudini, tecniche e strumenti alle attività di un progetto al fine di conseguirne gli obiettivi.

Un progetto è uno sforzo delimitato nel tempo (con una data di partenza e una di completamento) diretto a creare dei prodotti, servizi o risultati specifici che comportano dei benefici o del valore aggiunto al cliente interno e/o esterno.

Come

Il Project Management comporta alcune sfide principali:

  • Raggiungere gli obiettivi del progetto restando all’interno dei vincoli di tempo, costo e scopo (nel senso anche di qualità);
  • Ottimizzare l’allocazione delle risorse;
  • Integrare gli input necessari a raggiungere gli obiettivi definiti, a risolvere i problemi e mitigare i rischi.

Le attività fondamentali in fase di ideazione e definizione del progetto sono:

1.  Verificare la coerenza tra progetto e realtà aziendale;

2.  Definire gli obiettivi e i principali vincoli;

3.  Individuare e gestire i confini del progetto;

4.  Individuare ed organizzare le risorse

5.  Pianificare analiticamente le attività (fasi, tempi, azioni e responsabilità).

In fase di realizzazione è importante poi gestire le varianze (scostamenti dal programma iniziale dovuti a ritardi, superamento dei target di costo, cambiamenti di specifiche) prima della definitiva fase di rilascio.

Autore: Ulderico Capucci

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L’alfabeto del management / P – Processo e procedura

Cosa

Fra processo procedura le differenze sono tante e sostanziali:

  • le procedure sono figlie della burocrazia e del meccanicismo organizzativo; tipicamente la procedura regola l’input e dice “chi fa cosa” in maniera sequenziale.
  • processi puntano al valore per il business e nascono secondo la logica dell’organicismo e della qualità. Il processo genera l’output: dice chi è responsabile di che cosa, di quale risultato, e cosa bisogna ottenere.

Per esempio…

  • Una procedura può definire chi è incaricato di sollecitare un fornitore: tuttavia è rigida, non prevede la devianza. Si limita a indicare le azioni da svolgere e prevede un costante controllo dall’alto. Si occupa della qualità erogata, mantiene un focus sul prodotto e opera in sequenza.
  • Un processo, nella stessa situazione, definisce chi risponde delle conseguenza, e lo fa in modo flessibile. È in grado di prevedere la devianza; non indica solamente le azioni, ma ne chiarifica gli scopi. In questo caso, più che di controllo, è opportuno parlare di autocontrollo. Si occupa della qualità percepita, la sua attenzione è rivolta alla qualità d’uso. Non opera in maniera sequenziale, ma in modo simultaneo e coordinato.

Autore: Ulderico Capucci

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L’alfabeto del management / P – Processo e funzione

Cosa sì

Ogni organizzazione eccellente deve gestire contemporaneamente due aspetti: l’organizzazione per funzioni e l’organizzazione per processi.

  • Le funzioni (acquisto, progettazione, produzione, distribuzione, vendita) sono necessarie per assicurare la specializzazione delle competenze tecniche e per perseguire economie di scala. La funzione è finalizzata al volume.
  • processi (approvvigionamento, sviluppo prodotto, programmazione…) sono necessari invece per assicurare l’ottimizzazione e l’integrazione tra le funzioni, e per perseguire economie di scopo. Il processo è finalizzato al valore.

Qualche esempio…

Un esempio deriva dal mondo delle ferrovie: la funzione manutenzione persegue l’obiettivo di qualità, costo, tempo degli interventi. Se però non si coordina con le altre funzioni che programmano l’impiego del materiale ferroviario, le condizioni di impiego, la gestione del trasporto, l’orario, allora il trasporto dei pendolari nelle ore di punta subisce disservizi, ritardi, fermate, e così via.

O ancora, se la funzione IT lavora solo in un’ottica funzionale, allora privilegia i propri obiettivi di costo, tempo, qualità tecnica, a scapito della soddisfazione dell’utente.

Autore: Ulderico Capucci

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L’alfabeto del management / P – Processo

Cosa

Un processo è una sequenza definita di attività correlate, finalizzata all’ottenimento di un output definito. Un processo organizzativo è trasversale a diverse funzioni, e ha lo scopo di integrarle e indirizzarle verso il cliente finale.

Come

Un processo è caratterizzato da una serie di fasi:

  • Ciascuna fase è finalizzata a un output, che diventerà input per la fase successiva;
  • All’interno di ciascuna fase si collocano attività diverse, che operano in parallelo;
  • Il processo e ogni sua fase si misurano con specifici indicatori (tempocostiqualità…).

Perché

In organizzazione il processo è stato elaborato come risposta necessaria per:

  • Far fronte alla complessità e all’instabilità dell’ambiente;
  • Perseguire il valore per il cliente finale.

Autore: Ulderico Capucci

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L’alfabeto del management / P – Problem Solving

Cosa sì

Il Problem Solving è un processo metodologico che si basa su criteri di coerenza gestionale, tenendo sempre presente vantaggi e svantaggi relativi ad ogni decisione. Il problem solving indica, in generale, l’insieme dei processi e attività finalizzati ad analizzare, affrontare e risolvere positivamente situazioni problematiche.

Come

L’approccio metodologico al Problem Solving prevede delle fasi distinte e sequenziali, la cui premessa è la percezione dell’esistenza di un problema:

  1. Definizione del problema;
  2. Analisi del problema (eventuale divisione in sottoproblemi) e identificazione delle cause;
  3. Raccolta delle informazioni;
  4. Formulazione di ipotesi per la risoluzione del problema e valutazione delle stesse;
  5. Decisione della soluzione finale e implementazione;
  6. Applicazione e continuità.

L’area composta dalla prima e della seconda fase è identificabile come problem setting; la terza e la quarta fase costituiscono l’area del problem solving vero e proprio; la quinta e la sesta fase sono collegate alla metodologia del decision making.

Autore: Ulderico Capucci

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L’alfabeto del management / P – Priorità

Cosa sì

Il concetto di priorità indica la precedenza di un obiettivo, un’attività, un compito rispetto a qualcos’altro. La priorità è definita dall’unione di due variabili: l’importanza e l’urgenza.

La priorità è un concetto che assume una connotazione relativa, perché mette in relazione fra loro almeno due elementi, fra i quali uno dovrà precedere l’altro. Le priorità di ciascuno dipendono da quali sono, per ciascuno di noi, le cose più importanti e più urgenti.

Cosa no

Esistono alcuni nemici delle priorità:

  • La tendenza a procrastinare;
  • La tendenza al sovraccarico;
  • La tendenza ad agire in funzione di rassicurazioni psicologiche (come il consenso o la stima altrui) o di bisogni di prevaricazione…

Questi e altri fattori incidono negativamente sulla valutazione dei parametri di importanza (rispetto agli obiettivi) e urgenza (rispetto al nostro tempo), che dovrebbero essere considerati in maniera il più possibile oggettiva.

Perché

Stabilire un ordine di priorità è la premessa per un’efficace pianificazione.

Autore: Ulderico Capucci

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L’alfabeto del management / P – Prestazione

 

Cosa sì

La Prestazione (insieme alla Posizione e al Potenziale) è una delle tre colonne su cui poggia tradizionalmente il sistema di gestione e sviluppo delle persone noto come “le tre P”.

La parola “prestazione” (equivalente dell’inglese performance) può identificare:

  • L’output di un’azione o di un’attività.
  • L’insieme dei risultati raggiunti dalla persona. La performance potrà essere quindi essere letta in un’ottica qualitativa o quantitativa, di breve o di lungo periodo.
  • Il contributo dato ai risultati aziendali.

Cosa no

Tutti questi aspetti non devono essere considerati solamente a livello individuale: il concetto di prestazione si applica infatti anche a una squadra, a un processo, a un progetto.

Come

La gestione e la valutazione della performance (di pari passo con quella dei risultati attesi) è:

  • Responsabilità del capo in via esclusiva;
  • Eticamente dovuta verso l’azienda e verso la persona;
  • Oggetto di confronto tra capo e collaboratore (prima, durante e dopo);
  • Finalizzata al miglioramento della prestazione, allo sviluppo delle competenze e a eventuali riconoscimenti.

Autore: Ulderico Capucci

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Chi ascolta – Riflessioni sul coaching / Storia di un traguardo: diventare Master Certified Coach

La International Coach Federation è l’Organizzazione Leader nel mondo per il Coaching Professionale. Questa Associazione vanta più di 20.000 iscritti ed è l’unica organizzazione indipendente e riconosciuta a livello globale per il Coach Professionale. L’ICF ha più di 100 divisioni locali chiamate Chapters, tra le quali figura anche ICF Italy Chapter. Circa 10.000 degli iscritti ICF, detengono una Credenziale ICF cioè hanno seguito un percorso di formazione professionale presso Scuole Accreditate ICF (programmi ACTP, come quello che GSO propone in partnership con The Forton Group), hanno sostenuto esami scritti ed orali che certificano la loro professionalità, la loro adesione agli Standards Etici di ICF e l’utilizzo delle 11 Competenze Chiave ICF per la professione di Coach ed hanno maturato ore di pratica: 100 ore per il livello ACC, 750 ore per il livello PCC e 2.500 ore per il livello MCC. I Coach con credenziale MCC (Master Certified Coach) sono circa il 7% del totale e 12 in Italia.

Raggiungere un traguardo ha sempre un significato e questo traguardo in particolare, ne ha uno per me fondamentale. Ho iniziato il lungo viaggio verso la Professione di Coach molti anni fa per passione e convinzione ed oggi essere diventata Master Certified Coach contiene ancora tutti sapori ed i profumi che mi hanno orientato verso questa scelta. In questo momento sento di voler ringraziare tutte le moltissime persone che in questi anni sono state mie clienti e mie allieve; grazie a loro sono giunta a questa meta. Grazie alle relazioni di partnership costruite insieme a loro, sono andata sempre più in profondità dentro di me ed oggi che sono più grande e spero anche un po’ più saggia ce la metterò tutta per restituire quello che ho ricevuto, con gratitudine e fiducia. Un grazie particolare a GSO che attraverso la partnership costruita negli ultimi due anni con The Forton Group e con la fiducia nel progetto della Leadership Coaching School, ha permesso di ‘dare gambe’ ad una vision ed a una mission da me maturate nel tempo rispetto a come svolgere ed a come proporre la Professione ed il ruolo del Coach nelle organizzazioni di oggi.

Il Coaching è un fantastico viaggio di conoscenza, di apprendimento continuo, di scoperta dei propri talenti e della propria Leadership, ma soprattutto della possibilità di metterla al servizio di qualcosa di più grande di noi. Possiamo far diventare le organizzazioni e la società tutta dei luoghi dove le persone contino davvero qualcosa e dove si possa crescere ed integrarsi in uno spirito collaborativo. Credo che oggi più che mai ci sia un intenso bisogno di Leadership diffusa che promuova: consapevolezza, responsabilità individuale, impegno, interdipendenza, speranza ed azione per il cambiamento. Credo che oggi più che mai ci sia la necessità di persone capaci di affrontare le difficoltà, senza perdersi d’animo, di persone che nonostante tutto continuino a credere nel futuro, capaci di motivarsi, di guardare lontano e di individuare le corrette priorità.

Per me il Coaching è la strada maestra in queste direzioni ed essere Master Certified Coach non rappresenta un titolo ma un onore ed una responsabilità verso tutti coloro che lavoreranno e condivideranno momenti di vita con me, per attenuare i paradossi del nostro tempo, come scrive il Dalai Lama:

“Abbiamo più beni materiali ma meno tempo. Abbiamo più titoli di studio ma meno senso… più conoscenza ma meno capacità di giudizio. Più esperti ma più problemi. Più medicine ma meno salute. Siamo stati sulla luna e tornati indietro, ma abbiamo difficoltà ad attraversare la strada per incontrare il nuovo vicino. Costruiamo più computer, che contengono più informazioni, che producono più dati che mai nella storia, ma abbiamo meno comunicazione. Abbondiamo nella quantità ma non nella qualità. Questi sono i tempi dei ‘fast food’ ma della digestione lenta. Sono tempi nei quali c’è molto alla finestra ma niente nella stanza”.

Autore: Gaia Corazza

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L’alfabeto del management / P – Potenziale

Cos’è

Il Potenziale (insieme alla Posizione e alla Prestazione) è una delle tre colonne su cui poggia tradizionalmente il sistema di gestione e sviluppo delle persone noto come “le tre P”.

Il “potenziale” di una persona è costituito dalla sua idoneità ad assumere in futuro responsabilità diverse rispetto a quelle attuali; la valutazione del potenziale, quindi, misura il grado in cui una persona è idonea a passare da un ruolo attuale a un possibile ruolo futuro.

Cosa sì

Il potenziale si concentra sulla persona, sulle sue caratteristiche, qualità, capacità; in poche parole, il potenziale riguarda ciò che la persona è. In questo senso si differenzia dal concetto di prestazione, che al contrario valuta ciò che la persona fa (o dovrebbe fare).

Cosa no

Per non incorrere in errori di interpretazione del concetto di potenziale, è importante ricordare che la sua valutazione non è responsabilità del capo diretto, ma della Funzione Risorse Umane; considerare il potenziale inoltre non è un modo per definire il merito delle persone, ma uno strumento per pianificare interventi di sviluppo e di carriera; la valutazione del potenziale dovrebbe poi essere ritenuta un giudizio predittivo, e non un apprezzamento consuntivo della persona.

Autore: Ulderico Capucci

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L’ago della bilancia / Rewarding Cafeteria: sviluppare e premiare ad hoc

Recentemente abbiamo parlato della storia e del futuro della gestione del capitale umano, e la storia delle risorse umane è anche storia di sistemi premianti. L’azienda infatti ha sempre dovuto porsi il problema dell’offerta ai propri collaboratori, e di conseguenza costruire un proprio “menu” da proporre alle persone per favorire lo sviluppo di motivazione e retention.

Ma in che modo i sistemi di rewarding si sono evoluti e adeguati progressivamente ai nuovi trend?

Quando lo scenario economico era caratterizzato da un trend di crescita, lo sviluppo di carriera era considerato continuo ed esclusivamente verticale; di conseguenza, anche il rewarding e il sistema premiante funzionavano secondo logiche prevalentemente economiche e tangibili. Alla posizione era associata la fascia retributiva, alla prestazione gli aumenti e gli incentivi, al potenziale le promozioni e la carriera, che saranno anche ‘soddisfazioni’ ma alla fine sempre in ‘soldi’ si traducono. Da notare come questo tipo di rewarding andasse di pari passo con un mercato basato sullo scambio di beni materiali. L’azienda proponeva alle persone un menu basato unicamente sulla retribuzione e su benefit tangibili.

Sfoglia un esempio di menu “benefit tangibili”

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La new economy e la progressiva dematerializzazione del prodotto e del servizio hanno poi inevitabilmente influenzato anche i sistemi premianti.

Il panorama di crescita lenta che va profilandosi rende obbligato il passaggio da un rewarding tangibile ed economico a un rewarding intangibile e valoriale. In questo caso, la componente economica è uno degli ingredienti presenti sul “menu”, ma non l’unico, e nemmeno il più determinante nello scambio di valore fra le persone e l’azienda. Per un efficace funzionamento di questi sistemi di rewarding, l’azienda si trova a dover creare un ambiente di lavoro attraente e ricco di opportunità professionali; i capi devono saper usare la propria leadership per creare il senso della sfida, l’ingaggio, e la disponibilità delle persone a lavorare con quella passione che porta a risultati aggiuntivi.

Sfoglia un esempio di menu “benefit intangibili”

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Autore: Renato Boccalari

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